Ormai viaggiare è diventato estremamente semplice, basta avere una buona connessione ad internet ed un po ‘di immaginazione che subito possiamo prenotare cosa vogliamo, dalle mete più lontane ed esotiche ai posti più vicini e facilmente raggiungibili.
A questo, va aggiunto che solo in determinati luoghi possiamo ammirare determinate bellezze, almeno che non siano copie belle e buone, basti pensare che a Las Vegas c’è l’hotel THE VENETIAN che ripropone una copia della città di Venezia con tanto di gondole e scorci della serenissima, oppure a Monaco di Baviera, nella quale è possibile trovare delle copie esatte di Palazzo Pitti e della Loggia dei Lanzi.
Ma cosa succede se l’attrazione non è una copia ma bensì un qualcosa di autentico? beh, si da vita ad uno spettacolo straordinario.
Le popolazioni arabe nei secoli hanno influenzato stili e paesaggi, e tutto ciò sempre in maniera incredibilmente meravigliosa e funzionale, si pensi solo alla città di Granada che con i suoi secoli di storia incanta tutt’oggi milioni di visitatori ogni anno.
Anche in italia non siamo da meno, ecco infatti QUATTRO LUOGHI CHE TI FARANNO VIVERE LE MILLE E UNA NOTTE:
Castello di Sammezzano
Quando si nomina il Castello di Sammezzano subito i sentimenti che si smuovono sono due, distinti e separati: Meraviglia per ciò che si ha e vergogna per come stiamo tutelando questa bellezza, ma non è di amministrazioni e tutele del patrimonio che parliamo qui.
Il Castello di Sammezzano ha origini antichissime, addirittura si narra che nella tenuta di allora, vi soggiornò pure Carlo Magno nel 781 di ritorno da Roma dopo aver fatto battezzare il figlio da papa.
L’imponente struttura però, non è sempre stata così. La “tenuta” , la quale nacque come fattoria e poi implementata sempre di più, passò di mano in mano e di famiglia in famiglia per molti secoli, da gli Altoviti, ai Medici per finire poi alla famiglia Panciatichi Ximenes, e proprio con questi ultimi, per opera di Ferdinando Panciatichi Ximenes D’Aragona, divenne la meraviglia che conosciamo oggi.
Affascinato da questo nuovo movimento che si sviluppa nell’800 chiamato ORIENTALISMO, Ferdinando, il quale era un uomo di grandissimo ingegno, ideò, progettò e finanziò i lavori che portarono a plasmare la vecchia tenuta in un castello moresco di mirabile bellezza, tutto ciò dal 1853 fino al 1889. Possiamo definire il Castello di Sammezzano l’opera della sua vita, dal momento che 8 anni dopo la sua conclusione, il marchese morì, lasciando in eredità la sua “creazione” alla figlia Marianna.
Dopo la morte di quest’ultima, il castello ha continuato a passare di mano in mano, cambiando così anche utilizzo, addirittura nel secondo dopoguerra divenne un albergo di lusso nel quale soggiornarono personalità di spicco della società del momento.
Ad oggi il Castello di Sammezzano è definibile come “vergogna civile” dal momento che da anni è un stato di totale abbandono e si sostiene solo grazie all’intervento di volontari. Molti sono stati i tentativi di rivalorizzazione e di vendita del luogo, chiaramente senza successo. Oggi, se si volesse visitare, è necessario attendere le giornate del FAI, e non sempre vi è la possibilità
Rocchetta Mattei
Se non fosse per la vicinanza alla città di Bologna, sembrerebbe davvero di essere nel mondo arabo di un tempo.
Rocchetta Mattei è uno dei luoghi VISITABILI più interessanti in Italia dal punto di vista architettonico, essendo un misto di stili, tra cui lo stile moresco, quello medievale ed in parte quello moderno.
Nasce nel Novembre del 1850, quando il suo proprietario originale, il Conte Cesare Mattei, acquista un terreno fuori la città di Bologna. La rocca sorge su un più antico castello ormai distrutto, il quale si dice sia appartenuto al Barbarossa.
Per capire però per bene cosa sia stata la struttura, dobbiamo fare un passo indietro e capire chi è stato il suo proprietario, ovvero Cesare Mattei.
Uomo di grande cultura ed ingegno, Mattei fu prima uomo politico, poi, per un grave lutto familiare, si ritirò dalla vita parlamentare, dedicandosi alla medicina in maniera autodidatta e creando l’ Elettromeopatia.
Il suo commercio di prodotti elettromeopatici andava estremamente bene, aprendo così a Bologna un centro di smistamento prodotti che esportava in tutto il mondo.
Una serie di screzi familiari e litigi portarono il Conte Mattei a ripudiare parte della famiglia, ritirandosi proprio nella Rocchetta.
Lì continuava le sue operazioni, aiutando i più bisognosi e dando lavoro a moltissime famiglie della zona. Forse perché il luogo lo richiedeva o semplicemente per suo estro, il conte iniziò una vita da signore del medioevo, chiuso nel castello con una corte a seguito… e pure il giullare.
La rocchetta passò poi in eredità alla figlia, per poi finire con la sua ultima erede, Iris Boriani, la quale si ritrovò nel secondo dopoguerra, una struttura rovinata dall’occupazione tedesca e quindi di poco valore, addirittura provò a regalare l’intero castello al comune di Bologna, ma senza successe.
In stato di abbandono e rovina, una parte divenne un hotel con annessa riserva di caccia grazie all’acquisto di Primo Stefanelli, il quale provò in tutti i modi a valorizzare nuovamente la Rocchetta, purtroppo senza successo. Morendo nel 1989, le porte si chiusero definitivamente.
Nel 2006 il comune di Bologna assieme a qualche altra associazione filantropica ha acquistato la struttura, mettendo così in moto una macchina per ridare nuova vita a Rocchetta Mattei. Così nel 2015, le porte si sono riaperte e questa meraviglia può farsi ammirare in ogni sua forma.
Villa Sticchi
Poco da dire se non che appena la si vede si rimane senza fiato. Un castello moresco che si affaccia sul Mar Adriatico con colori e forme degne delle mille e una notte.
Questa villa purtroppo non è visitabile, in quanto si tratta di una residenza privata della famiglia Sticchi acquistata nel 1904.
Sull’onda dell’interesse e dell’attrazione per le strutture orientali, l’ingegnere Giuseppe Ruggeri realizzò quest’opera, la quale in breve divenne il simbolo dello stile moresco salentino.
Tutt’oggi, camminando per Viale Francesco Lo Re a Lecce, sembra proprio di attraversare quei mondi lontani fatti di palazzi sontuosi, sultani e cammelli.
Casamassima
Sembra un luogo lontano nel tempo e nello spazio, uno di quei posti che si vedono solo in qualche programma televisivo. Qualcuno l’ha rinominata “ la Chefchaouen d’Italia”, altri il borgo azzurro, ma per tutti è solo Casamassima.
Questo paesino che conta meno di 20.000 abitanti, è un piccolo borgo a 20Km da Bari e la sua particolarità è il colore che lo contraddistingue, il vecchio centro storico è tutto blu.
Già, proprio come quei paesi del Marocco. Sino a poco tempo fa si supponeva che il colore blu fosse stato dato per ringraziare la Madonna di aver salvato il borgo dalla pestilenza del XVII secolo, ma oggi una nuova (e forse più concreta) ipotesi è sorta.
Casamassima in Italia, Chefchaouen in Marocco, jodhpur in India, Safed in Israele…sono tutte città che hanno salvato ebrei fuggiti dalle persecuzioni, e per sentirsi più vicini al paradiso, questi ultimi dipinsero le loro abitazioni del colore del cielo.
Qui c’è solo da perdersi nel dedalo di stradine e scorci, per sognare anche solo un secondo di trovarsi a secoli e Km di distanza.

